I microrganismi rivelano come i nostri antenati unicellulari hanno integrato il DNA virale nei propri genomi.
I ricercatori hanno scoperto resti di antichi virus giganti nel genoma dell’Amipidium, un organismo unicellulare, suggerendo che tali sequenze virali potrebbero aver avuto un ruolo nell’evoluzione di forme di vita complesse. Questo studio evidenzia la relazione dinamica tra i virus e i loro ospiti e riflette anche la genetica umana.
Un sorprendente cambiamento nella storia evolutiva della vita complessa è stato rivelato in un nuovo studio pubblicato su Progresso scientificoI ricercatori della Queen Mary University di Londra hanno scoperto che un organismo unicellulare strettamente imparentato con gli animali contiene resti di antichi virus giganti nel suo codice genetico. Questa scoperta fornisce informazioni su come gli organismi complessi acquisiscono alcuni dei loro geni e sottolinea l’interazione dinamica tra i virus e i loro ospiti.
Lo studio si è concentrato su un microbo chiamato Amoebidium, un parassita unicellulare presente negli ambienti di acqua dolce. Analizzando il genoma dell’Amoebidium, i ricercatori guidati dal dottor Alex de Mendoza Soler, docente presso la Queen Mary’s School of Biological and Behavioral Sciences, hanno trovato una sorprendente abbondanza di materiale genetico originato da virus giganti, alcuni dei più grandi virus conosciuti dalla scienza. Queste sequenze virali erano densamente metilate, un marcatore chimico che spesso silenzia i geni.
“È come trovare dei troiani nascosti nell’ambidio.” DNA“Queste aggiunte virali sono potenzialmente dannose, ma l’amibidio sembra tenerle sotto controllo silenziandole chimicamente”, afferma la dott.ssa de Mendoza-Soler.
Il microbo Amoebidium appalachense attraversa il suo ciclo vitale di sviluppo in laboratorio. I nuclei si dividono all’interno della cellula fino alla maturità (circa 40 ore nel video), quando ogni nucleo diventa un’unica cellula e la colonia si stacca dando origine alla prole. Credito fotografico: Alex de Mendoza
Ricerca in corso e implicazioni
Successivamente, i ricercatori hanno studiato la prevalenza di questo fenomeno. Hanno confrontato i genomi di diversi isolati di Amybidium e hanno riscontrato variazioni significative nel contenuto virale. Ciò suggerisce che il processo di integrazione e silenziamento del virus è continuo e dinamico.
“Questi risultati mettono alla prova la nostra comprensione della relazione tra i virus e i loro ospiti”, afferma il dottor de Mendoza Soler. “Tradizionalmente, i virus sono visti come invasori, ma questo studio suggerisce che le aggiunte virali potrebbero aver avuto un ruolo evoluzione di organismi complessi fornendo loro nuovi geni.” “Ciò è consentito attraverso l’addomesticamento chimico del DNA di questi invasori.”
Inoltre, le scoperte dei ricercatori di Amoebidium offrono interessanti parallelismi con il modo in cui i nostri genomi interagiscono con i virus. Similmente all’Amoebidium, gli esseri umani e altri mammiferi hanno resti di virus antichi, chiamati retrovirus endogeni, incorporati nel loro DNA. Mentre in precedenza si pensava che questi residui fossero “DNA inattivo”, alcuni di essi ora potrebbero essere utili. Tuttavia, a differenza dei virus giganti presenti nell’Amoebidium, i retrovirus endogeni sono molto più piccoli e il genoma umano è molto più grande. La ricerca futura può esplorare queste somiglianze e differenze per comprendere la complessa interazione tra virus e forme di vita complesse.
Riferimento: “La metilazione del DNA consente la consanguineità ricorrente di virus giganti in un parente animale” di Luke A. Sari e Iana F. Kim, Vladimir Ovchinnikov, Marin Oliveta, Hiroshi Suga, Omaya Dodin, Arnau Sepe Pedros e Alex de Mendoza, 12 luglio 2024, Progresso scientifico.
DOI: 10.1126/sciadv.ado6406
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