I dati osservativi di quasi 200 quasar mostrano che Einstein aveva ragione, ancora una volta, sull’espansione temporale dell’universo.
Gli scienziati hanno notato per la prima volta che l’universo stava operando in un movimento estremamente lento, svelando uno dei misteri dell’universo in espansione di Einstein.
La teoria della relatività generale di Einstein significa che dovremmo osservare l’universo distante – e quindi antico – lavorare molto più lentamente di quanto non faccia oggi. Tuttavia, guardare indietro a quel periodo si è rivelato sfuggente. Gli scienziati sono stati ora in grado di risolvere questo mistero utilizzando i quasar come “orologi”.
ha affermato l’autore principale dello studio, il professor Geraint Lewis della School of Physics dell’Università di Sydney e del Sydney Institute of Astronomy.
“Se tu fossi là fuori, in questo universo neonato, un secondo sembrerebbe un secondo, ma dalla nostra posizione, più di 12 miliardi di anni nel futuro, quel primo momento sembra essere ritardato”.
La ricerca è stata pubblicata il 3 luglio in astronomia naturale.
Il professor Lewis e il suo coautore, il dottor Brendon Brewer dell’Università di Auckland, hanno utilizzato i dati osservati da quasi 200 quasar – buchi neri supermassicci al centro delle prime galassie – per analizzare questa dilatazione temporale.
“Grazie a Einstein, sappiamo che il tempo e lo spazio sono intrecciati e dall’alba dei tempi nella singolarità del Big Bang, l’universo si è espanso”, ha affermato il professor Lewis.
“Questa espansione dello spazio significa che le nostre osservazioni dell’universo primordiale dovrebbero apparire molto più lente del flusso temporale di oggi.
“In questo documento, lo dimostriamo a circa un miliardo di anni dopo[{” attribute=””>Big Bang.”
Previously, astronomers have confirmed this slow-motion universe back to about half the age of the universe using supernovae – massive exploding stars – as ‘standard clocks’. But while supernovae are exceedingly bright, they are difficult to observe at the immense distances needed to peer into the early universe.
By observing quasars, this time horizon has been rolled back to just a tenth the age of the universe, confirming that the universe appears to speed up as it ages.
Professor Lewis said: “Where supernovae act like a single flash of light, making them easier to study, quasars are more complex, like an ongoing firework display.
“What we have done is unravel this firework display, showing that quasars, too, can be used as standard markers of time for the early universe.”
Professor Lewis worked with astro-statistician Dr. Brewer to examine details of 190 quasars observed over two decades. Combining the observations taken at different colors (or wavelengths) – green light, red light, and into the infrared – they were able to standardize the ‘ticking’ of each quasar. Through the application of Bayesian analysis, they found the expansion of the universe imprinted on each quasar’s ticking.
“With these exquisite data, we were able to chart the tick of the quasar clocks, revealing the influence of expanding space,” Professor Lewis said.
These results further confirm Einstein’s picture of an expanding universe but contrast earlier studies that had failed to identify the time dilation of distant quasars.
“These earlier studies led people to question whether quasars are truly cosmological objects, or even if the idea of expanding space is correct,” Professor Lewis said.
“With these new data and analysis, however, we’ve been able to find the elusive tick of the quasars and they behave just as Einstein’s relativity predicts,” he said.
Reference: “Detection of the cosmological time dilation of high-redshift quasars” by Geraint F. Lewis and Brendon J. Brewer, 3 July 2023, Nature Astronomy.
DOI: 10.1038/s41550-023-02029-2
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